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Ci sono nomadi che si sentono a casa ovunque,

e altri che non si sentono a casa da nessuna parte.

Io sono uno di quelli.

(CIT. Robyn Davidson)

IL SITO DI ESPO :)

FOTO VIDEO RACCONTI E ALTRO SU ALPINISMO E MONTAGNA

DOWNSHIFTING

COMPRO IL MIO TEMPO

 

Con un espressione di importazione italiana, che qua da noi si usa molto poco, fino a poco tempo fa potevo definirmi un paraculo. Di certo non sono mai stato uno che ha passato il suo tempo a coltivare la nobile arte del lavoro. Fin da ragazzo ho cercato soddisfazioni in altre attività meno considerate socialmente e dal rendimento economico sicuramente meno proficuo, ma molto più avvincenti.

Oggi, anche se nessuno paga le mie spese, né le voluttuarie, né le indispensabili, anche se la casa dove vivo è mia e non ho rate per l’automobile, il mio orario di lavoro è tale per cui i sorrisini e le battutine in merito si sono sprecate e si sprecano da parte di amici, conoscenti o semplici contatti occasionali sulla mia volontà di lavorare.


Poi un giorno, poco tempo fa, leggendo un quotidiano ho trovato un articolo interessante. Parla di un uomo che ha mollato tutto. Non uno spiantato come me. Un manager pare. Uno di quelli da 14 ore di lavoro al giorno. Di impegni, di denaro gestito. Di soldi sul conto corrente. Parla di un uomo stufo che un giorno decide che basta, che non ne può più. Che non è vita. Prende e molla tutto. Inizia a girare il mondo in barca a vela. E non è il solo. Sono in tanti così. Non tutti che girano il mondo in barca a vela, ma tanti che rinunciano a carriera e posizione, al denaro e agli impegni. Al successo. Rinunciano del tutto o solo in parte al loro reddito, diminuiscono il tempo che dedicano alla loro occupazione, oppure la cambiano per una meno redditizia, ma dal volto più umano. Rinunciano a quella che per questa società deve esser la ragion di vita di ognuno: produrre, consumare e guardar la televisione. Rinunciano al denaro in cambio di tempo. Tempo per vivere. Tempo da dedicare a se stessi. Questo fenomeno pare sia diventato rilevante nel mondo occidentale. Tanto rilevante da avere un nome: DOWNSHIFTING. Tanto da trovarlo su wikipedia e, con una semplice ricerca in rete, vengono fuori tanti link, blog, ma anche articoli su giornali di gran tiratura. E non solo. Si trovano altri articoli, altre definizioni, si trova la settimana del downshifting… basta cercare.


Però… Pensavo di essere un paraculo e invece sono un rappresentante, forse atipico, di questo movimento chiamato downshifting. Un movimento la cui codifica trova le sue origini negli Stati Uniti, probabilmente nel 1994, (Trends Research Institute di New York) e pare conti ormai milioni di persone. Persone unite dalla voglia di maggior libertà e maggior tempo da dedicare a se stesse. Che non si conoscono, né si conosceranno mai. Che non marceranno mai assieme, ma che sono un qualcosa di troppo anomalo nella nostra società per non pensare che, forse, troppe cose non vanno bene nel mercato globale e nel capitalismo sfrenato.


L’amore per la montagna e l’alpinismo in me è sempre stato troppo forte. Uno di quegli amori in cui il compromesso è difficile. Compromesso fra il lavoro che ti dà i mezzi e il tempo che ti fa andare in giro. Da giovane è facile scegliere il tempo, ma poi la vita incalza. La casa, l’auto e tante altre cose da costruire… Alla fine anche per me con la maturità è arrivato un lavoro normale: cartellino, orario e soldi, pochi, ma indispensabili per costruire un futuro e a cui all’inizio non si può rinunciare.


All’inizio no di certo, ma poi… è sempre così? Poi le cose indispensabili un poco alla volta si mettono via: la casa, la sicurezza del futuro … ad un certo punto ci sono. Allora è il momento delle scelte. Una casa più grande? Vacanze lussuose? Telefonino all’ultimo grido? Stress, vita di corsa, tante cose materiali, spesso inutili o comunque superflue, cose che non riempiono il vuoto della tua vita, oppure tempo libero?

Alcuni anni fa ho rinunciato, assieme alla mia compagna di allora, ad un avanzamento di carriera; ho rinunciato ad una parte non indifferente del mio già magro stipendio e ho iniziato una vita diversa. Una vita in cui la montagna e l’alpinismo fossero allora e lo siano ora centrali e non secondari. Non solo nella mia testa, ma anche e soprattutto nel mio tempo, nella mia esistenza. Vivere un alpinismo a tempo pieno o quasi, senza essere un professionista. Senza fare la guida. Senza avere le stellette. Senza essere un fuoriclasse pagato per mostrarsi pieno di marchi e pubblicità. Continuare la mia umile vita di medio e mediocre alpinista, girando e scoprendo, ma avendo a disposizione tanti giorni in più. Giornate da impiegare per scoprire il mondo che mi circonda e porzioni di mondi più lontani. Senza l’assillo del week end, senza l’incubo di tornar a casa. Potersi fermare a guardare i tramonti. Aspettare le albe. Addormentarsi e svegliarsi col sole e il canto degli uccellini.


Sono seguiti anni molto intensi di scoperta, in cui le giornate in montagna sono state tante, potrei dire tantissime. Ma non lo voglio dire. Non tutte intense. Anzi. La meditazione spesso è stata dominante rispetto alla prestazione ed alla difficoltà. Per assurdo in 3 anni ho perso mediamente più di un grado in roccia. C’erano troppe cose da vedere in giro per fermarsi a tirar prese. E quello che è stato più importante era lo stare in giro. Non importava dove si era, l’importante era star fuori. Non importava il meteo e nemmeno la performance fisica, troppo spesso legate a stress e frustrazioni della vita normale. Quelle giornate feriali fuori stagione passate sulle Dolomiti senza incontrare essere umano, senza l’assillo di tornare a casa. Qualcosa di sublime.


Naturalmente ogni medaglia ha il suo rovescio. Il tempo libero non te lo regalano. La vita costa. In anni di recessione economica la vita costa ancora di più. E anche andare in giro costa. Costa il materiale. Costa il carburante. Ogni spesa e ogni scelta va ponderata con intelligenza perché non si può rischiare di arrivare a fine mese e sforare il magro bilancio. Certo dietro a questa scelta c’è un lavoro sicuro, c’è uno stipendio non da fame, anche se basso. Ci sono comportamenti radicati negli anni precedenti, anni di spese e gestione della vita oculata, da brava formichina e non da cicala. Sono scelte anche di rinuncia. Alle spedizioni innanzitutto. Ai materiali superflui. All’uso delle cose fino alla loro morte naturale e non alla rottamazione per moda. C’è anche la possibilità di tornare a lavorare a tempo pieno, se mai ce ne fosse la necessità. Non è stato un salto mortale senza rete. Ma è stato comunque un bel salto, una sfida a se stessi e al mondo che ci circonda.


L’entusiasmo e l’ironia di tutte le persone che incontro, o quasi tutte, per questa scelta e questa vita si spegne di brutto quando alla bellezza del tempo libero si contrappone il costo dell’operazione. Quando si va a quantificare quanto costa questa scelta. E diventa tangibile la rinuncia materiale. Alle cose grandi e alle cose piccole della vita. Non ci sono solo le spedizioni. Ci può essere anche la maglia sdrucita marca xy o il caffè al bar che fanno la differenza.


Però certe scelte alla fine non hanno prezzo. Quando si ha dentro una passione smisurata verso qualcosa di grande, di profondo e di immenso che hai dentro e che invade e pervade ogni fibra del tuo essere, come l’alpinismo, ecco che sapere che quando il sole sorge il giovedì mattina bruci un biglietto verde e ti giochi la possibilità di scegliere se alzarti e arrampicare o continuare a dormire è qualcosa di sublime che non varrà mai nulla di materiale su questa terra.


Ripenso a volte alle letture della mia gioventù, a quando Karl * parlava delle sue settimane di ferie non pagate, ai commenti dei suoi colleghi…


Questa riflessione la voglio dedicare a tutti coloro che sognano le montagne da dietro i vetri di un ufficio o fra le mura di una fabbrica.


A volte nella vita bisogna provare………………



·         * Reinhard Karl “Montagna vissuta tempo per respirare”

« Ieri è storia, domani è un mistero, ma oggi è un dono e per questo si chiama presente. »

arrampicare, sciare, girare le montagne è uno sporco lavoro

ma qualcuno deve pur farlo

SI RINGRAZIA WILD CLIMB E IL RISUOLATORE PER L'AIUTO FORNITO

  

 

 

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RICCARDO CASSIN

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io non avrei mai osato. ma se avessi osato NON AVREI MAI osato fermarmi

W. Churchill

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il mondo dell'arrampicata visto da topazio :)

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